Obiettivi

L’obiettivo principale del Progetto ACSE è quello di permettere una ricerca sperimentale sugli aspetti intersoggettivi dell’interazione clinico-paziente, con attenzione particolare ma non esclusiva al valore conoscitivo e diagnostico del sentimento del clinico. Esso risponde ad alcune esigenze fondamentali:

Un’esigenza metodologica. La moderna nosografia psichiatrica poggia prevalentemente su un paradigma, quello interpretato dal DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders), per il quale il clinico occupa, nella valutazione diagnostica, la posizione di un osservatore obiettivo che individua e cataloga configurazioni ricorrenti di sintomi e segni psicopatologici, dai quali estrae la diagnosi secondo un modello algoritmico. All’interno di questo paradigma, tutto quanto attiene la sfera del vissuto soggettivo del paziente  – e ancora di più del vissuto soggettivo del clinico – è rappresentato come ostacolo alla conoscenza scientifica o, nella migliore delle ipotesi, come un insieme di dati inaffidabili, ambigui e poco maneggevoli, pur se significativi. La ricerca ACSE propone, attraverso una metodologia rigorosa di traduzione quantitativa di dati soggettivi, la possibilità di rendere più comprensibili, e quindi utilizzabili nella clinica e nella ricerca, quegli elementi ineffabili che concorrono a orientare la sensibilità del clinico all’interno del campo complesso della relazione col paziente. In questo modo, essa intende favorire il recupero e l’integrazione nel percorso valutativo di quegli elementi, e quindi promuovere una possibilità di inquadramento diagnostico che valorizzi la condivisibilità dei giudizi clinici senza prescindere dalla qualità intuitiva e soggettiva del processo di comprensione.

Un’esigenza storico-culturale. Il progetto ACSE deve la sua nascita non solo all’esigenza degli psichiatri di dare senso alle proprie esperienze soggettive nel colloquio clinico, ma anche e soprattutto all’interesse per una solida e articolata tradizione psicopatologica che fa capo ad autori come Jaspers, Binswanger, Minkowski, Rümke e Tellenbach, e che ha concettualizzato il sentimento del clinico come una guida essenziale nella conoscenza obiettiva del nucleo psicopatologico del malato psichico. Costrutti come il “sentimento di schizofrenicità”, la “diagnosi per penetrazione”, la “diagnosi per sentimento” o la “diagnosi atmosferica”, sono stati analizzati e discussi nella prima metà del Novecento, per poi essere progressivamente abbandonati in virtù della loro presunta inaffidabilità e indimostrabilità. Il lavoro del gruppo ACSE si muove nella direzione di tentare una discussione, fondata su esperienze sperimentali, di questi concetti, allo scopo di coglierne gli elementi essenziali e utilizzabili, e di restituirli così al clinico come potenziali strumenti di lavoro.

Un’esigenza formativa. Il fenomeno di progressiva marginalizzazione delle conoscenze psicopatologiche inerenti il mondo soggettivo del malato psichico e gli strumenti umani necessari a mettersi in dialogo con esso, sta comportando una ricaduta sugli attuali percorsi formativi e sulla cultura di base dei giovani specialisti. Il progetto ACSE tenta di dare una risposta all’esigenza di arricchire il cammino formativo dello psichiatra, sollecitandolo non solo ad approfondire la conoscenza di autori e concetti fondamentali per la comprensione della sofferenza psichica, ma anche a interrogarsi in maniera critica sul proprio ruolo e sulla propria partecipazione umana all’incontro col paziente.

Un’esigenza terapeutica. Se la considerazione che il sentimento del clinico (in senso lato) ha un valore sul piano conoscitivo, esplorativo e diagnostico è alla base del progetto ACSE, essa non può essere separata dal riconoscimento della funzione già terapeutica che l’immersione nel mondo intersoggettivo dell’incontro clinico svolge all’interno dell’esperienza di disagio del paziente. Come molti autori di ambito fenomenologico sostengono, infatti, lo stesso atteggiamento di ascolto e di messa tra parentesi delle categorie preconcette del clinico costituisce una possibilità, per il paziente che si trova isolato e ritirato in uno spazio di incomunicabilità e spesso di rottura del senso comune, di sperimentare interazioni vitali che riaprano ponti di contatto con l’altro. Questa possibilità è valida tanto ai fini della costruzione di uno spazio psicoterapeutico quanto per aprire a una più attiva accettazione di un trattamento farmacologico. Il gruppo ACSE si propone, proprio attraverso la valorizzazione dell’esperienza soggettiva del clinico come possibile dispositivo di registrazione dei fenomeni relazionali dell’incontro, di sollecitare i clinici a usare in modo più consapevole e sintonico il proprio sentire anche come guida per riconoscere, nell’interazione col paziente, quei punti di repere necessari per stabilire un’alleanza efficace.